Luce Caponegro (attrice, DJ e imprenditrice) Ravenna 10.5.2012
Intervista di Gianfranco Gramola
Una
brava attrice, una mamma affettuosa e ora anche imprenditrice dalle idee molto
chiare:” Sto aprendo un centro olistico nel centro di Ravenna, ossia un centro
benessere a 360 gradi, perché ci sarà una parte di estetica, dove si lavorerà
proprio sull’inestetismo estetico e fisico, ma ci sarà anche un reparto dove
si andrà a lavorare sulla psiche e sull’emozionale”.
Luce
Caponegro nasce a Roma il 17 dicembre del 1966. Frequenta il Liceo linguistico
fino al quinto anno, senza conseguire il diploma di maturità perché, al
compimento del diciottesimo anno di età, lascia la famiglia e gli studi per
andare col suo amore adolescenziale in giro per il mondo. Amore che sfocerà
anche nel matrimonio e nella nascita del suo primo figlio. Le esperienze vissute
in oriente e negli ambienti hippy la porteranno alla ricerca dell’amore libero
e di una sessualità vissuta fuori dagli schemi. Nasce Selen ed una strepitosa
carriera da pornostar. Nel 1998 Luce si separa e abbandona l’ambiente del
cinema hard che ormai sente come una gabbia e compie il grande cambiamento: per
tre anni si dedica esclusivamente alla radio e al teatro; ed è con la piece
teatrale "Quando la moglie è in vacanza" che la critica le è
favorevole e la consacra come attrice “vera”. Ma è con il reality “La
Fattoria” che il grande pubblico si accorge del suo cambiamento. Con questa
ritrovata notorietà si dedica al cinema e alla televisione con partecipazioni e
conduzioni di programmi di successo come Buona domenica, Domenica in, Verissimo,
Unomattina, Ciao Darwin, Maurizio Costanzo Show, I fatti vostri, come Vj per
Match Music, fino al 2006, anno in cui decide di prendere il diploma di maturità
e sempre in quell'anno diventa mamma per la seconda volta occupandosi per i tre
anni successivi esclusivamente del figlio e a realizzare un suo sogno personale:
quello di prendere la qualifica di estetista. Dal 2010 si dedica alla sua
formazione come dj iniziando una nuova carriera nell'ambiente della house music.
Con ciò non abbandona la sua carriera di conduttrice e attrice, che la vede
impegnata nel programma "Romagna mia", una simpatica kitchen commedy
in onda su Alice il canale tematico di cucina di Sky.
Ha detto
- Mi
sento portata soprattutto a comunicare con le persone e questo può avvenire
artisticamente in più modi: attraverso la recitazione esprimo e comunico dei
sentimenti, delle emozioni, mentre quando faccio la conduzione di un programma
vivo un contatto più diretto con il pubblico che mi segue anche se filtrato da
una telecamera. Quando suono in discoteca la musica diventa il linguaggio.
- In
questi ultimi cinque anni mi sono continuata a formare sia come estetista che
come operatrice del benessere, una nuova figura più completa che considera
l’essere umano nella sua globalità di corpo, mente e anima.
- Oggi sono una persona equilibrata che ha
scoperto la sacralità del suo corpo. Ho sofferto il nubifragio del mio
matrimonio, vivo l’amore dei miei figli e ho bisogno di ancorarmi a valori
profondi.
- Una fede va aldilà del cattolicesimo,
qualcosa di ancora più universale. Conosco lo sciamanesimo, il buddismo, l’induismo,
l’animismo … Non ha nessuna importanza che nome gli vogliamo dare.
Intervista
Mi
ha incuriosito molto il tuo nome Luce. Perché i tuoi genitori hanno deciso di
chiamarti così?
L’ho
ereditato da mia nonna che si chiamava appunto Luce.
Da
ragazzina che lavoro sognavi di fare?
Da
piccoli si cambia idea ogni giorno. Volevo fare un sacco di lavori, un giorno
una cosa e il giorno dopo un’altra. Ricordo che volevo insegnare, volevo
recitare, volevo studiare psicologia perché mi piaceva molto e soprattutto
volevo fare ginnastica. Mi piaceva molto l’idea di diventare insegnante di
qualche disciplina ginnica. All’epoca non si parlava tanto di yoga, ma facevo
danza e ginnastica artistica e ritmica. Da piccola ho fatto tantissimi sport.
Dopo la parentesi del porno, ti sei data
al teatro. Quante commedia hai fatto e come hai vissuto questa nuova esperienza?
Ho
fatto due commedie. Una molto importante con il compianto Daniele Formica, che
si chiamava “Quando la moglie è in vacanza”, quindi nel ruolo che fu della
mitica Marilyn Monroe e che andò molto bene e che abbiamo portato in tournée
per due anni, facendo il tutto esaurito in tutti i teatri italiani. Ci fu un
bellissimo riscontro di critica e mi ha dato molta soddisfazione a livello
artistico e forse è la cosa più importante che abbia fatto. Poi dopo due anni
di tournée mi sono stancata, perché non ero mai ferma, ogni giorno si cambiava
posto, quindi sempre con la valigia in mano e non riuscivo ad avere relazioni e
una mia vita privata. E’ stata un’esperienza abbastanza pesante sia
fisicamente che psicologicamente, poi ti trovi a ripetere la stessa storia,
quella che porti in scena, tutti i giorni e con la stessa energia come se fosse
la prima volta. Quindi anche lì ci vuole un dispendio di energie mentale
notevole perché appunto la presenza scenica richiede tanta energia. Quindi dopo
quella tournée ho deciso di non fare più teatro. In realtà però adesso
tornerei a farlo, perché il teatro è un’esperienza molto alta, catartica, ti
insegna a stare insieme agli altri, ad adattarti, a dare il meglio di te stesso
e poi l’attore quando fa teatro si impossessa in modo totale del personaggio,
perché questa ripetizione continuative permettono di arricchire il tuo
personaggio di mille sfaccettature. Per cui alla fine giochi con te stessa, con
gli altri attori, con il tuo personaggio e quindi è molto gratificante. E’
stato molto difficile però dopo una tournée così lunga togliere i panni di
Marilyn, perché dopo nella vita di tutti i giorni parli come l’attrice che
hai interpretato. Vai al supermercato e chiedi un etto di prosciutto e lo chiedi
come lo chiederebbe Marilyn (risata). Delle volte mi dicevo:”Basta, esci da
questo corpo” (risata). Insomma il personaggio ti rimane addosso per un sacco
di tempo, perché è inevitabile.
Il
reality “La Fattoria” lo rifaresti?
Devo
dire che da quella esperienza ci sono rimasta male, perché mi aspettavo un
gioco difficile, con delle prove abbastanza dure e che tutti insieme ci saremmo
stretti in modo solidale per
superare queste prove. Invece c’è stata la guerra di uno contro l’altro.
Vedere che la gente davanti ad un premio in denaro si comporta in modo meschino,
perché ci sono state delle meschinità, mi ha deluso molto, ci sono rimasta
male. Non me l’aspettavo, però lo rifarei perché con La Fattoria ho avuto
modo di farmi conoscere come persona e io in quel momento avevo proprio bisogno
di quello. Uscivo da tre anni di teatro e il teatro non ti fa conoscere al
grandissimo pubblico, anche se il teatro comunque rimane una cosa di nicchia,
però non è certo come la televisione. E finalmente uscendo per la strada ho
sentito delle persone che mi hanno apprezzata come essere umano. Donne di
famiglia, donne di casa, giovani, meno giovani, tante persone mi hanno
dimostrato affetto. E’ un’esperienza che vorrei rivivere e che consiglio a
tutti, perché poter vivere a stretto contatto con tante altre persone come un
gruppo, una comunità è molto importante in una società dove invece è tutto
improntato sull’individualismo. Siamo tutti chiusi nelle nostre case, nei
nostri dolori e anche nelle nostre felicità e tutto viene vissuto a livello di
famiglia o di coppia. Non c’è interazione con le persone, con la natura.
Anche quelli che si definiscono amici, alla fine li vedi solo per uscire a
mangiare una pizza insieme. In realtà non condividi esperienze importanti
insieme e questo ci fa sentire innanzitutto molto soli e ci allontana anche da
noi stessi perché l’essere umano è un essere geneticamente molto sociale,
che ha bisogno di relazionarsi con gli altri per sentirsi felice. Quindi i tanti
casi di depressione e di senso di solitudine che esistono nelle nostre città
dipende anche da questo. Tornando alla Fattoria, cioè l’esperienza di vivere
a stretto contatto con altri è un’esperienza bella, perché ti permette di
crescere, di farti vedere anche dei lati di te stesso che magari non conoscevi e
che magari non ti piacciono, dove bisogna lavorare e cambiare.
Per
un periodo hai voluto fare anche la D.J. Come è nata questa l’idea?
L’idea
di fare la Dj è nata un po’ per gioco e per scommessa con un mio amico che
all’epoca aveva una discoteca. Lui era convinto che sarei stata una ottima dj,
questo perché all’epoca avevo Gabriele mio figlio che aveva circa tre anni e
siccome non mi piaceva uscire e lasciarlo a casa con una tata preferivo
organizzare delle cene, invitando
tutti i miei amici/che. In questo modo potevo essere io a mettere a letto
Gabriele potendo controllarlo di tanto in tanto. Queste feste erano dei piccoli
eventi per me perché in quella fase della mia vita uscivo pochissimo e quindi
amavo organizzarli anche facendo una scaletta musicale che sottolineasse tutti i
momenti della serata, dall’aperitivo alla cena e le condivisioni seguenti. Così
questo mio amico mi propose di imparare a suonare con l’aiuto di un suo amico
dj perché riteneva le mie playlist davvero interessanti.
Come
hai vissuto questa tua nuova esperienza?
All’inizio
questa nuova esperienza non è stata immediatamente facile perché io sono
completamente antitecnologica e sicché trovarmi davanti a tanti cursori,
computer e consolle mi mandava in crisi. Però con il passare del tempo ho
imparato a rilassarmi e a lasciarmi andare vivendo la musica e così man mano è
diventato facile e divertente. Oggi quando suono in discoteca è un po’ come tornare ragazzina.
Mi
dicevi che hai dei progetti per il tuo futuro. Vuoi parlarne?
Volentieri.
Sto aprendo con il mio compagno un centro olistico, ossia un centro benessere a
360 gradi, perché ci sarà una parte di estetica, il Feng Shui dove si lavorerà proprio sull’inestetismo
estetico e fisico, ma ci sarà anche un reparto dove si andrà a lavorare sulla
psiche e sull’emozionale. Questa è una parte che curerà prevalentemente il
mio compagno che è un terapeuta olistico e quindi il nostro scopo è che quando
una persona viene qui, dopo sta bene a 360 gradi, perché si va a lavorare su
tutti gli aspetti dell’essere umano, cioè fisico, mentale e spirituale.
Come hai deciso di chiamarlo il tuo centro
benessere?
Il
centro è qui a Ravenna e si chiamerà “LUCE”. E’ un’idea del mio
compagno di chiamarlo come il mio nome. Mi sembrava un po’ megalomane come
nome (risata), però poi mi ha convinta.
Com’è il tuo rapporto con la fede?
La
fede è sempre stata presente nella mia vita. Fin da adolescente, affiancando
anche a dei percorsi anche un po’ trasgressivi, ho sempre sentito come molto
importante quella che è la ricerca spirituale, che parte soprattutto da un
rapporto di onestà con noi stessi, cioè cercando di capirci profondamente, di
capire la ragione di certi nostri bisogni, ma anche di certi nostri limiti e
delle nostre fragilità e poi anche di grande bisogno di sentirsi tutt’uno. Ma
tutt’uno sia con la natura ossia la madre terra, ma anche con qualcosa di più
grande, perché io vedo che quasi tutti sentano che c’è
qualcosa di grande. Sono pochi gli agnostici che dicono che finito qua
non c’è più niente. La maggior
parte della gente sente un qualcosa che non può dimostrare. Ma è un sentire
molto forte, segno evidente che qualcosa c’é. Poi ognuno ha un suo modo di
parlare con Dio e ognuno può chiamarlo con qualsiasi nome, non ha importanza.
Le fondamenta sono quelle per tutti e sono la compassione, la permanenza di
questa vita terrena che da accesso a qualcosa di più alto. E tutto è
rapportabile al cosmo e al microcosmo, perché noi siamo una parte, una faccetta
di questo universo, di questo dio, quindi anche esplorando noi stessi attraverso
i nostri limiti, le paure, il bisogno di amore e quindi il bisogno di amare e di
essere amati, è già un percorso spirituale.
Due parole su Roma, Luce. Parlami della
Roma che hai conosciuto.
Sono giunta a Roma proprio nel periodo che
facevo teatro e devo dire che con Roma ho un rapporto conflittuale. Io sono
romana di nascita, perché sono nata proprio a Roma, sono stata battezzata a San
Pietro, in Vaticano, a Roma ho tutti i miei parenti perché mio padre è romano
e quindi quando decisi di trasferirmi a Roma, pensavo di ritornare nella mia
culla. In realtà ho trovato una città difficilissima, molto stressante,
caotica da morire. Io ero magrissima e quando vivevo a Roma non ho mai dovuto
fare un giorno di dieta, perché è una città che ti usurpa di ogni energia.
Quindi non sono riuscita a godermi la città eterna, mentre quando ci andavo per
lavoro, per vacanza o per trovare i parenti, era una città che io adoravo perché
andavo nel ristorante tipico, al museo, al
parco e quindi mi godevo gli affetti belli di quella che è
una delle città più belle del mondo, se non la più bella. Però
viverci nella quotidianità, nella routine è un massacro. E allora sono
scappata da Roma perché, come ho detto più di una volta quando mi chiedono se
torno a vivere a Roma, dico:”No, grazie, preferisco vivere” (risata).
Capisco un politico che deve vivere a Roma, capisco un attore, perché il cinema
è a Roma, capisco tutti quelli che per forza sono legati al territorio. Ma a
volte mi chiedo perché certe scelte, come il vivere a Roma, ti rovinano la
vita. Ci sono delle persone che magari hanno una vita più normale, più comune
e più semplice. Vivere a Roma al giorno d’oggi è un massacro, ti dissangua
fisicamente e anche economicamente, perché è una città cara negli affitti,
cara se vuoi comprare una casa, ecc…
In che zona abitavi?
Abitavo vicino ai Parioli, nel quartiere
Trieste.
Ti piace la cucina romana?
Buonissima.
E’ difficile trovare qualcosa che non mi piacesse della cucina romana. Mi
piaceva andare nel quartiere giudeo (Ghetto, ndr.), in quei ristorantini
deliziosi, dove mangiavo i carciofi alla romana, i carciofi alla giudea. Altra
cosa che mi piaceva a Roma era la pizza. Una pizza come quella che mangiavo a
Roma non sono riuscita a mangiarla da nessuna parte, credimi. La pizza romana
non ha paragoni. Vedi perché prima ti ho detto che con Roma ho un rapporto
conflittuale? Perché ci sono delle cose belle che ho amato di Roma ma anche
delle cose molto difficili. La cosa che più ho apprezzato di quando vivevo a
Roma è la facilità con cui si faceva amicizia con la gente e già dopo pochi
mesi, più che amici, avevo tanti conoscenti. Il bello è che quando entri nelle
loro simpatie ti invitano un po’ dappertutto. E’ una città che per certi
versi ti accoglie, rispetto alla città di provincia che invece è molto più
chiusa. Io sento dire da persone che si sono trasferite qui a Ravenna che dopo 5
anni che sono qui, non hanno un amico. Ma questo perché Ravenna è una città
estremamente chiusa, una città, al contrario di Roma, vivibilissima, con tanto
verde, molto tranquilla, dove tutti i
servizi funzionano, dove la città è piccola e quindi arrivi a fare mille cose
in un giorno, dove c’è molta gentilezza e poco stress, però come rovescio
della medaglia è che nessuno ti accoglie. Se chiedi una indicazione per una
strada fanno fatica a risponderti. A Roma si sbracciano per spiegarti.
Addirittura se tu vai al sud e chiedi di una via, ti dicono:”Mi segua, ce la
porto io”.
C’è un angolo di Roma a cui sei
particolarmente legata?
Ricordo
un mio amico che aveva la casa in centro, vicino a campo de’ Fiori. Questo
posto mi piaceva tantissimo e l’ho conosciuto quando ancora io non vivevo a
Roma. Questo secondo me è il posto più bello di Roma, come il centro storico
in generale. Però poi ti devi tagliare le vene per pagare l’affitto (risata).